Ausl unica della Romagna, un no con tante motivazioni
La politica dei tagli lineari anche nel campo sanitario purtroppo ha portato al compimento di scelte gestionali ed organizzative discutibili.
Una di queste scelte molto discussa è stata la nascita dell’Ausl unica della Romagna.
Leggiamo alcuni stralci dell’intervento svolto ieri in aula dalla consigliera dei Verdi in regione Gabriella Meo che ha votato contro  questo provvedimento.
Buona lettura.
Dall’intervento in aula di Gabriella Meo (Cons. Regionale Emilia-Romagna):
“˜Con una riduzione del finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale di 30 miliardi e 706 milioni si corre il rischio evidente di ledere il diritto universale alla salute e alle cure, inficiando in tal modo la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza.
Per quanto riguarda l’istituzione dell’Ausl unica della Romagna si è impostata sostanzialmente un’operazione di tipo manageriale che cerca di perseguire l’obiettivo del riequilibrio con interventi sul piano organizzativo, regolamentare e gestionale, tentando di salvaguardare il principio fondante dei Piani Attuativi Locali.’
Continua la consigliera ecologista:
“˜La scelta di creare un’unica grande soggetto costringerà ad organizzare la nuova azienda sanitaria della Romagna senza tener conto delle caratteristiche dimensionali, geografiche, demografiche, istituzionali e socio-economiche dei singoli territori.
Così esperienze comuni che hanno portato alla realizzazione di alcuni progetti importanti come il laboratorio di analisi unico di Pievesistina, l’officina trasfusionale, la centrale unica del 118 a Ravenna, l’Irst di Meldola rischiano di diventare cattedrali di eccellenza in un deserto di servizi.
La certezza è che intanto si tagliano posti letto nel pubblico e non nel privato convenzionato incrementando la tendenza in atto a rivolgersi al privato. Il rischio è che anche l’Emilia-Romagna si allinei al un modello privatizzato della sanità sul modello della Lombardia.
Si sta scivolando così verso uno svuotamento progressivo di ospedali di medie dimensioni con reparti di eccellenza, costruiti nel tempo con ingenti risorse anche locali. Infatti, mentre è auspicabile una messa in rete dei servizi e delle specialità , risulta insostenibile una centralizzazione inevitabilmente tecnocratica e sempre più lontana dalle necessità dei territori.’
Conclude la consigliera:
“˜Sarebbe invece necessario non limitarsi a difendere l’esistente in termini di servizi, ma in virtù di un possibile migliore utilizzo delle risorse economiche, introdurre prestazioni che oggi non sono presenti in Romagna.
Le decisioni devono essere assunte garantendo la partecipazione di tutte le comunità locali ed è necessario garantire che le determinazioni fondamentali vengano assunte con maggioranze decisamente qualificate, considerando la rappresentatività di ogni Comune in ragione dei cittadini residenti. Tutto il processo costitutivo e poi di organizzazione dell’assetto della nuova azienda va realizzato con il più ampio coinvolgimento delle rappresentanze della società civile, in quanto rappresentative dei lavoratori, degli utenti e degli stessi operatori dei servizi.
Va in ogni modo potenziato il ruolo dei distretti socio sanitari. Essi sono l’ambito territoriale nel quale vanno erogati i servizi di assistenza sanitaria primaria, integrati con i servizi sociali. I distretti sanitari rappresentano l’ambito principale di programmazione dei servizi socio-sanitari e di gestione dell’offerta. Pertanto chiediamo che i distretti siano dotati per queste materie di autonomia programmatoria, tecnico-economico gestionale, per garantire l’intera gamma dei servizi, in base alla quale articolare, in piena sinergia, quelli erogati dalla rete ospedaliera e dall’assistenza primaria.
La futura riorganizzazione della rete assistenziale e della rete ospedaliera dovrà avvenire in modo graduale e con attenzione, su basi rigorose di riferimento e implementando, sul territorio in prossimità ai cittadini, tutti quei servizi alternativi al ricovero ospedaliero che oggi non sono sempre offerti in maniera soddisfacente. Nuclei di cure primarie, case della salute, assistenza domiciliare integrata sociale e sanitaria devono garantire alla popolazione un’equa distribuzione ed accessibilità di strutture e servizi qualitativamente adeguati su tutto il territorio.’
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