Devid e la vergogna di Bologna

Pubblicato da Paolo Galletti il

di Paolo Cagnoli (da ‘Terra’ – quotidiano ecologista del 13-01-2011)

Il neonato morto per il freddo a Bologna è una vergogna per tutta la città . Il piccolo Devid Berghi ,nato povero poco prima di Natale dimesso dall’ospedale il 29 dicembre era stato trascinato per le strade fredde dai suoi genitori, in un centro storico frequentato da molti altri barboni. L’inchiesta aperta dalla Procura della Repubblica dovrà  accertare precisamente le cause di morte di Devid. “Nel centro di Bologna non si perde neanche un bambino” cantava Lucio Dalla nel 1977. Bologna oggi è una città  in crisi. Più ricca della media, ma tira una brutta aria. I bolognesi girano per le strade con visi induriti, senza più l’allegria di una volta; i loro occhi sono lo specchio della città . In questo inverno i parchi sono vuoti, i bambini giocano rintanati nelle case: ormai quando escono da scuola non possono più indugiare in strade diventate troppo pericolose. I genitori del piccolo Devid erano entrati in contatto con le strutture di assistenza, ma i servizi sociali oggi sono pieni di lacune, il loro decentramento nei quartieri senza una regia comunale è fallito, hanno sempre meno risorse . E intanto tra i bolognesi aumenta il sospetto verso gli stranieri ed i senza-fissa-dimora. In questa città  s’è sviluppato un processo micidiale che ha indebolito la sua famosa capacità  di rispondere alle istanze di solidarietà . E’ in atto una trasformazione silenziosa, che gli amministratori non hanno detto; che i forestieri ancora non hanno letto. Chi frequentava questa città  alcuni anni fa ancora ricorda il forte spirito di socialità  e di valori d’accoglienza . Ora che anche Bologna s’è caratterizzata con i templi del consumismo di massa, cioè dai non-luoghi che dissolvono le capacità  d’ascolto, di socialità , d’innovazione, di senso critico. Anche i bolognesi di una volta sono indotti a dimenticare la propria storia ed a stemperare la loro passata ospitalità .. Anche la classe politica che ha amministrato Bologna in questi anni ci sembra un segno dei tempi. Come molte giunte italiane anche Bologna ha da tempo una classe politica scollegata dai cittadini, dai problemi reali, dagli ideali, interessata soprattutto agli affari economico-finanziari, preoccupata dei bilanci e del potere politico. Da tempo a Bologna, come in molti altri comuni italiani, gli amministratori hanno asservito il bene comune ai poteri forti, dimenticando i bisogni di solidarietà . Il commissariamento della giunta cittadina dopo le dimissioni del sindaco Del Bono, sotto processo per i suoi traffici personali, è solo l’ultimo fatto politico emblematico di un situazione che perdurava da qualche anno. Dobbiamo chiederci cosa stiamo vivendo e cosa abbiamo perso, prima di immaginare come andare avanti oltre la nostra esistenza personale. Bisogna trovare nuove energie per ripensare una città  migliore, dove in un contesto di decrescita economica si possa ancora aspirare ad una socialità  superiore, ad una città  in cui valga la pena allevare dei figli. Solo chi ha la lucidità  e la creatività  e il coraggio per guardare questa realtà  può prendere in mano il proprio destino e superare il teatrino degli interessi particolari, tollerato da cittadini fiacchi e indifferenti. Solo guardando in faccia la realtà  ci sarà  la possibilità  di sviluppare nuovi laboratori sociali post-consumistici, più sobri, più solidali, più umani. Essere consapevoli di come vanno le cose qui a Bologna è già  di per sé un ragionevole progetto. Altrimenti la vergogna dei bolognesi per il bambino morto dal freddo dopo il Natale, la pietà  e le belle parole resteranno chiacchiera.


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