Il piano dei trasporti dell’Emilia-Romagna sbaglia strada

Pubblicato da Gabriele il

Dal quotidiano ecologista TERRA del 25/11/2010

In questi giorni è in discussione il nuovo Piano regionale integrato dei trasporti della Regione Emilia-Romagna (Prit 2010-2020). Purtroppo le previsioni di questo documento strategico non sono sostenibili: nonostante i buoni propositi teorizzati in premessa il Prit è al servizio delle auto e conferma le vecchie strategie sullo sviluppo di nuove strade. Ad esempio nel Prit si prevede di costruire la bretella autostradale Modena-Sassuolo, parallela al fiume Secchia, o di realizzare la nuova strada Cispadana, parallela al Po, attraverso diversi comuni della bassa pianura padana. In figura sono indicate le nuove strade del Prit. In sostanza le strategie di questo piano regionale si adagiano a soddisfare solo la domanda di mobilità  automobilistica, non ponendosi alcun limite nel consumo delle limitate risorse disponibili per aumentare l’offerta di strade. E tutto questo in un periodo topico della nostra esistenza e della storia del nostro pianeta: da un lato l’evidenza della continua crescita dei nostri consumi di risorse che sempre prima nel corso dell’anno e degli anni superano la loro disponibilità  e la capacità  della natura di rigenerarsi nel corso dello stesso arco temporale (quest’anno l’overshoot day è caduto il 21 agosto e ogni anno si avvicina all’inizio dell’anno); e dall’altro, il fatto dell’incertezza energetica (picco del petrolio) e dell’incertezza climatica (riscaldamento globale) con la quale dobbiamo necessariamente fare i conti in tutte le nostre attività  ed azioni, a partire dal governo del territorio e dalla pianificazione territoriale, della mobilità  e dell’uso (sostenibile) delle risorse naturali (acqua, energia, materie prime). Non è un aspetto di poco conto il superamento del picco del petrolio o il cambiamento climatico in atto, soprattutto per un “piano integrato dei trasporti regionale”. Ci si aspetterebbe quindi che un piano elaborato nel 2010, da una Regione che si vanta del suo impegno per lo “sviluppo sostenibile” non si tenga assolutamente conto di quelle che dovranno essere nel prossimo futuro “post carbon cities”.

L’impatto dei trasporti stradali in Emilia-Romagna è un dato di fatto, dai tempi dell’Impero Romano. Oggi il traffico stradale ha un prezzo troppo alto non più sostenibile. Le percorrenze stradali medie procapite in Emilia-Romagna sono maggiori che nel resto dell’Italia: superano i 40 km al giorno e richiedono più di un’ora per abitante. L’Emilia-Romagna è considerato il crocevia d’Italia e soffre di un intenso e congenito attraversamento nord-sud.

Se diamo un’occhiata ai dati sulla ripartizione degli spostamenti per la lunghezza del percorso (Rapporto dell’Istituto Superiore Formazione e Ricerca per i Trasporti) si può vedere che nel 2008 la quota dei viaggi di prossimità  (entro i 2 km) ammonta al 31,4%, seguita da quella di media distanza (tra 11 e 50km) al 23,7%, di corto raggio (tra 3 e 5km) 21,7%, locali (tra 6 e 10km) 20,2% e lunga distanza (oltre i 50 km) al 3,2%. In sostanza il 73,3% degli spostamenti riguarda una distanza inferiore ai 10 km. Questi numeri inducono due riflessioni immediate sul rapporto mobilità -spostamenti vs pianificazion-investimenti: il 73,3% dei cittadini che si spostano non fa più di 10 km ma la spesa per gli investimenti per soddisfare questa domanda di mobilità  urbana non supera il 6% degli investimenti, perché vengono privilegiate nuove strade e autostrade che incrementano il traffico motorizzato (e nuove tratte ad alta velocità  ferroviaria che collegano comuni capoluogo di regione). Scelte ponderate di pianificazione in risposta alla domanda effettiva degli spostamenti dovrebbe invece privilegiare investimenti sui nodi per ferrovie urbane, metropolitane e tramvie, il cui funzionamento interessa più dei due terzi delle persone che si muovono.

Individuare soluzioni ai problemi di mobilità  regionale non sarebbe complicato. Lo sviluppo del sistema dei trasporti regionali richiederebbe più interventi sul lato della domanda di trasporto, rimettendo in discussione tempi e luoghi della mobilità . Elemento da considerare sarebbe anche la pianificazione degli insediamenti e l’articolazione delle città . La strategia migliore sarebbe pianificare un giusto mix d’incentivi-disincentivi. Servirebbe sia l’impulso dei trasporti pubblici sia la limitazione delle auto nelle zone congestionate. Bisognerebbe sviluppare il servizio ferroviario regionale, riducendo disagi e strozzature, per trasferire su rotaia molti dei trasporti stradali attuali. Servirebbero facilitazioni ai mezzi pubblici locali ed al treno per i viaggi sotto i 1000 km; per contro andrebbero controllati gli accessi delle automobili nelle zone congestionate. Il traffico merci dovrebbe essere dirottato dalla strada, non solo verso la ferrovia, ma anche sull’acqua: con il trasporto marittimo; a lungo termine si dovrebbero sviluppare anche i canali navigabili della Pianura Padana.

I tagli recenti delle finanziarie nazionale e regionale contro i trasporti pubblici sono il grande rischio che si innesta sulle debolezze del Prit, con conseguenze drammatiche per la viabilità  e la vivibilità . Nel prossimo decennio si dovranno raccattare le risorse residue per sostenere i trasporti pubblici, che altrimenti si ridurranno inesorabilmente, e bisognerà  ridiscutere i servizi con le aziende di trasporto. Il Prit potrebbe essere uno strumento per eliminare gli sprechi e portare a risparmi effettivi. Sarebbe l’occasione per trasformare la mobilità  in Emilia-Romagna da fattore di rischio a grande opportunità  per l’economia verde della regione. Invece di sprecare risorse per fare nuove strade, la Regione Emilia-Romagna dovrebbe sviluppare tutte le forme di un’economia a basso contenuto di carbonio. Invece di percorrere le vecchie strade il Prit dovrebbe indicare la retta via della mobilità  sostenibile.

Infine alcune primissime osservazioni al Prit. Relativamente agli scenari considerati nel piano si evidenzia criticamente come lo scenario “business as usual“ (BAU) contiene tutte le previsioni (non ancora realizzate) del vigente Prit -salvandole tutte e non mettendone in discussione nessuna. Questo significa che valutando lo scenario di piano rispetto allo stato attuale, la valutazione degli effetti e impatti riguarda solo le opere aggiuntive e non l’insieme di quelle previste, e non ancora realizzate, e delle nuove previste, falsando di fatto la valutazione e limitando di molto quindi gli effetti.

Altro elemento di critica riguarda il processo di valutazione del piano previsto dalla legge regionale (LR 20/2000 così come modificata dalla LR 6/2009) che colloca il momento della valutazione nella conferenza di pianificazione sul documento preliminare, una volta conclusa la quale, non è prevista una ulteriore fase valutativa sul piano elaborato alla luce anche delle risultanze della conferenza stessa ovvero della partecipazione di soggetti istituzionali e associativi alla stessa.

Questo articolo è il primo di un “osservatorio periodico”, pensato per segnalare ai lettori dell’Emilia-Romagna progetti o piani con problemi ambientali, su cui ciascuno può fare sentire la propria voce. Per presentare osservazioni sul Prit ci sono due settimane di tempo ed il riferimento principale è presso la Regione Emilia-Romagna, Servizio Valutazione Impatto e Promozione della Sostenibilità  ambientale, Via dei Mille n. 21, 40121 Bologna (www.regione.emilia-romagna/wcm/Ermes). I materiali del Prit li potete scaricare a questo indirizzo http://www.mobiliter.eu/wcm/mobiliter/pagine/prit.htm.


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